CONVERSAZIONE FRA LUCIO AMELIO E RICCARDO NOTTE
dietro
1991 Riccardo Notte PAG. 4N.: "Certo. Il concetto di "eudaimonìa" sta in Platone. L'uomo greco non rifiuta il piacere. Pensa al "Simposio". Per non parlare del fatto che il Bello in Platone si comporta come una calamita. Ed esso attrae l'uomo nobile verso la sfera del pensiero. Qualcosa di analogo alla beatitudo del cristianesimo, che anche in Dante, ad esempio, non è scissa da una fondamentale componente di piacere sensuale. Però bisogna tenere d'occhio il fine dell'azione volta al piacere. Perché è dal fine, dall'intenzione, che si può definire la bontà o la cattiveria del piacere..." A.: "Sì, ma quando domandavano a Pitagora: "Quando fai all'amore"? lui rispondeva: "Quando mi voglio indebolire". Ad ogni modo, in tutto il classico, e penso al Partenone, a Fidia etc., il massimo splendore dell'arte coincide con la mai più raggiunta spiritualità dell'oggetto. Penso al ragazzo che sta al Museo di Atene, mi sfugge il nome. Ebbene, quel ragazzo è un oggetto, ma è un oggetto che emana talmente tanto spirito che è pazzesco pensarci. Ora, questo concetto veniva da una sana mentalità di un uomo che usa il piacere e che però lo sa dominare e lo sa moderare. E quindi diventa padrone di se stesso. Ed è quel che fanno gli artisti. Gli artisti usano il piacere". N.: "Eudaimonìa contiene però nella sua radice il termine "daimon"... A.: "Non so. Lascio a te questi approfondimenti di tipo linguistico perché io davvero non sono bravo. Però ti dico le cose come le sento. Da persona che ha avuto a che fare con questi strani animali che sono gli artisti. C'è un grande desiderio di tornare all'età dell'oro, di ricostruire l'età dell'oro. Per esempio, uno dei quadri che Kounellis adora è "Imbarco per Citera" di Watteau. Io mi chiedevo: "Mah. Perché gli piece questo quadro"? Allora sono a vedere questo quadro e c'è un sacco di gente allegra, musica... Poi Kounellis fece una mostra nel '69 a Napoli e mi disse: "Mi vuoi affittare una barca? Vorrei fare un giro per la costa". E io gli ho risposto: "Vuoi vedere che tu hai voluto fare tutto questo per citare Watteau"? "Nooo - mi dice - Quella era un'altra cosa. Il mio viaggio sul mare serviva a sperimentare l'acqua di Napoli". Insomma, esistono due livelli. Uno è il livello del sogno, del ritorno a questa realtà, e un altro è la coscienza di questa realtà, la realtà contemporanea. Non esistono più che frammenti che è impossibile mettere insiene". N.: "E' un giudizio pessimista su tutta la contemporaneità..." A.: "Intanto non è un giudizio. Non amo fare il giudice. Diciamo piuttosto che è una realtà. Vivere dei frammenti è una realtà. Chi ha detto che è brutto"? N.: "Se la realtà implica la frammentarietà in fondo c'è la dispersione di ogni senso, la perdita del centro di cui parla Hans Sedlmayer..." A.: "Ma si vive anche di mille bellissimi frammenti messi insieme. A questa frammentarietà non darei una connotazione necessariamente negativa. Darei semplicemente, forse, un senso di nostalgia. Nostalgia di una completezza che non c'è più; così come quando Duchamp mette i baffi alla Monna Lisa. Egli innanzi tutto fa la stessa cosa che ha fatto Manzoni, cioè devia i significati... Lui ha posto l'accento sull'immagine dell'androgino, sull'idea dell'unità uomo-donna. Unità che si è spezzata. Ma questi frammenti non li giudica negativamente". N.: "L'androgino è un simbolo alchemico. Oscuro". A.: "E' il simbolo alchemico dell'unità delle due figure. E fra l'altro Beuys ha fatto un lavoro usando un sacchetto igienico trovato in un albergo greco. Un lavoro che si chiama "Very important object to any androgine". Questa fantasia sull'androgino e, tra l'altro, questa parentela con Duchamp mai dichiarata - perché Beuys è sempre stato dichiaratamente contro Duchamp, per il fatto che egli ha taciuto per quarant'anni - dicevo, quest'idea dell'androgino riappare appunto come nostalgia di questa unità ormai frammentata. Ma non è perché esistono le donne che uno deve dire che viviamo in un mondo terribile. Anzi, c'è chi è contento di questa diversità. Però, in realtà, il gesto dell'amore, il congiungimento dei corpi, l'orgasmo nel momento in cui il membro virile è nella vagina, non è forse un desiderio inconscio di essere di nuovo un unico corpo? Lo dice anche la Chiesa". N.: "Forse. Ma la Chiesa da secoli dice anche che il sesso consacrato dal sacramento del matrimonio non è altro che remedium concupiscentiae, secondo i dettami di San Paolo..." A.: "Sì. Ma quando la Chiesa celebra un matrimonio non dice forse: "... voi sarete una sola carne etc."? E allora? In fondo anche la Chiesa usa dei segni antichissimi. una memoria antica del mondo. E poi, nel mondo, gli androgini stanno riapparendo, per fortuna. E poi, in definitiva, la frammetarietà della cultura contemporanea è anche un segno di libertà". N.: "Scusa la provocazione, ma la "frammentarietà" mi riporta immediatamente alla memoria la biblica Torre di Babele, là dove la rottura della lingua unica implica appunto la frammentazione dei significati. E poi c'è il vecchio adagio: divide et impera. Ma tornando a Babele, mi sembra che la separazione e la frammentazione siano il risultato di diaboliche tentazioni. La frammentazione significa anche incomunicabilità fra i vari frammenti. E dividendo gli uomini con le barriere della frammentazione si innescano gli odi reciproci. Si ottiene in definitiva il trionfo del male..." A.: "Se non ci fosse il diavolo a questo mondo non si potrebbe più vivere, caro mio! Secondo te, in questa situazione nella quale ci troviamo - pensa alla Jugoslavia, pensa all'Unione Sovietica - non vedi processi di frammentazione fatti in nome della libertà? Non me lo sono inventato io. Mi dici che dietro c'è il diavolo. E allora viva il diavolo! Che ti devo dire? Il diavolo chi è? Gorbaciov? Non so perché, ma parlando del diavolo sto pensando al Don Giovanni..." N.: "E' vero. Il Don Giovanni di Kierkegaard matura la propria angoscia di seduttore scegliendo la diabolica via della corruzione..." A.: 2Io veramente pensavo al Don Giovanni di Mozart, quando dice: "Pentiti"! E lui "No"! "Accetti etc. etc.? "No! No! No!" Insomma c'è sempre un processo di scontro, una dialettica fra una realtà positiva e una negativa. Me ne sono uscito bene"? N.: "Abbastanza. Però resta sempre quella terribile domanda radicale: Se Dio è buono, perché esiste il male? Il dilemma del diabolico sta appunto nel suo essere originato dalla stessa "sostanza" del divino. E' l'angelo decaduto appunto..." A.: "Sì. Ma come farebbe ad esistere questo diavolo? Insomma il bene e il male cosa sono? N.: "Cosa siano non so. Ma si sentono eccome"! A.: "Sì ma è come la storia della bellezza. Cos'è la bellezza? domandarono a Dürer. E lui a ottanta anni risponde: "Non so". Chissà, forse perché la bellezza è un momento di sospensione fra il bene e il male; è un momento non raggiungibile. La bellezza è un mito. Così come è un mito la bontà. Che cosa significa essere buono e che cosa significa essere cattivo? Tu sei buono o cattivo"? N.: "Per ora buono. Naturalmente". A.: "Ed io invece cattivo. Naturalmente. In realtà io non credo né ai buoni né ai cattivi. Io credo che ognuno abbia tutti i caratteri maschili e femminili insieme. Non credo alle qualità. Non credo neanche all'intelligenza. N.: "A proposito di intelligenza mi fai ricordare che Einstein affermava di non sapere quanta parte della teoria della relatività fosse stata scoperta dalla sua mano che scriveva e quanta dal suo cervello che pensava". A.: "Hai parlato di un personaggio molto affascinante e guarda caso dell'unico scienziato erotico che io ricordi; nel senso che la sua intelligenza non aveva mai ucciso il suo Eros. Il suo portare i capelli lunghi, il suo vivere tra gli uomini, il suo quasi ridersi addosso. Queste sono qualità che spesso gli uomini intelligenti non hanno. Pensa un po' agli uomini politici italiani. Pensa ad Andreotti. Pensa alla noia spaventosa di questi uomini cosiddetti "intelligenti". E non parlo solo degli uomini politici, perché ci sono tanti altri intelligentoni: professori universitari etc. Ma io personalmente provo una grande attrazione per la stupidaggine, anche sessuale. Per esempio preferisco andare al letto con la gente stupida perché è forse una cosa più vicina alla natura. Stupidità, follia. Diciamo così: "non-normalità". Perché è in quel momento che scatta l'erotismo. Le persone più belle, se mai questa parola potrà essere usata nel mondo, sono quelle persone che non fanno sfoggio dell'intelligenza". N.: "Nonostante questo tuo gran parlare noto che ti sfugge spesso un giodizio di valore sotto forma di aggettivo qualificativo. Il famoso "bello"..." A.: "Non so perché ma noto che sempre più non ho desiderio di giudicare; e questo l'ho imparato dagli artisti. E' difficile giudicare gli uomini. Alla fine di questa conversazione devo sapere se tu sei stato bravo o se è stato bravo un altro? Non mi interessa. Mi interessa accettare il mondo come è. Per cui, ad esempio, è una stronzata dire "un uomo bello da sposare". Che significa? in realtà quel che è bello per me è brutto per te. Personalmente evito di esprimermi e non mi piace dire, ad esempio: "quant'è brutto". Una donna grassa è considerata brutta. Ma chi l'ha detto? Alcuni adorano le donne grasse. A me ad esempio piace Wendy, che ha due seni che sono cocomeri..." N.: "Non giudicare gli altri. E va bene. Ma un giudizio su te stesso"? A.: "Io penso di essere l'espressione di questa città. Sono nato alla Vicaria Vecchia, ai Tribunali, figuriamoci! Infatti a Milano di Luci Amelii modestamente non ne trovi ad ogni angolo, modestamente. Perché? Ma perché Milano è un agglomerato urbano, non una città. Napoli è una città! Con un popolo! Penso che avendo capito questo sono perciò rimasto a Napoli dandovi un contributo. Spero di esserci riuscito, e di riuscirci in seguito con la Fondazione, perché la Fondazione è un momento in cui la persona Lucio Amelio - di cui tu parli troppo elogiativamente - diventa patrimonio gestito, curato, ampliato etc. Chi poi effettivamente ne curerà le sorti non so. Di certo non sarò io.
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