arte romana

Arco di Costantino
Copyright  1997 Leo C. Curran
Date of Photograph: 1974
7E8 - ac741038

La civiltà romana si sviluppa su valori pragmatici. Ha valore ciò che è utile. E' il motivo per cui per secoli i romani sono, nei  confronti dell'arte, più un popolo di consumatori che di produttori. Le opere d'arte arrivavano, dai territori conquistati, per abbellire le residenze dei ricchi romani o per ornare gli edifici sacri, ed erano considerate null'altro che trofei di guerra. La conquista della Magna Grecia, della Grecia e dell'Asia Minore creerà una situazione diversa. L'afflusso cospicuo di opere cominciò a incidere nel gusto e nella cultura dei romani fino a stimolare una produzione con caratteristiche specifiche che abbiamo definito arte greco-romana.

 

L'atteggiamento della classe politica e dei pensatori del tempo rimase però a lungo ostile al concetto stesso di arte. Era considerata figlia dell'ozio, sostanzialmente inutile, anzi "nociva al pubblico costume" come riferisce Livio raccontando della distruzione, ad opera dell'autorità, del primo teatro romano in pietra.

 

Una conciliazione della cultura romana con l'arte arriva col logico trapasso del valore di austerità in quello di imponenza e magnificenza. L'arte, usata in funzione decorativa, era utile a  testimoniare la potenza e il prestigio dell'impero. In questa direzione va anche il forte interesse per l'architettura, per i suoi aspetti funzionali (anche bellici) e per quelli celebrativi. L'opera architettonica era testimonianza tangibile della grandezza di Roma e l'attenzione principale era dedicata all'imponenza e alla stabilità delle strutture.

 

In scultura, sempre stimolata da un senso comune di utilità sociale e politica, si afferma il genere ritrattistico e il rilievo epico-commemorativo.  Proprio da questo genere, da un'emancipazione progressiva dalle regole classiche,  prenderà vita una vera e propria arte romana. E' un arte parallela e indipendente da quella ufficiale, di spirito realistico-espressionista,  fortemente ostile ai canoni greci di proporzione, armonia, idealizzazione delle forme.

 

 

La casa romana Era  una costruzione improntata alla massima funzionalità con poche luci esterne, organizzata attorno all'atrium  (il cortile interno con l'impluvium: la vasca di raccolta delle acque piovane) su cui dava direttamente il Tablinum (il soggiorno) da cui si passava in un giardino recintato sul retro dell'abitazione.
Sistemi costruttivi L'adozione del sistema ad opus coementicium apre nuove possibilità costruttive agli architetti romani. La tecnica consente di realizzare con semplicità ed efficienza coperture a volta di grandi dimensioni. L'arco era stato ideato dalle civiltà orientali che gli attribuivano significati mistici, importato in Italia dai greci e usato anche dagli etruschi conservando le stesso carattere sacro. I romani ne sposano le potenzialità funzionali e scenografiche facendone l'elemento primario della loro espressione architettonica.
La strada  I Romani cercavano di raggiungere in genere le varie mete, nel modo più diretto[47], comodo ed economico possibile evitando di forzare il terreno[48] o di divergere dal suo andamento ma evitando i fondovalle soggetti alle inondazioni[49]. Talora i percorsi proprio per questo si allungavano notevolmente. Piccoli erano i raggi di curvatura[50] consentiti e questo anche a causa delle caratteristiche costruttive dei carri. Tuttavia il terreno imponeva a volte soluzioni particolari e l'esecuzione che non poteva essere evitata di particolari opere d'arte che ancora oggi destano ammirazione e talora sono ancora in funzione. I casi più frequenti erano quelli legati all'attraversamento di zone acquitrinose ed il superamento dei dislivelli e degli ostacoli naturali: ponti, alcuni dei quali ancora in uso[51], nei punti di passaggio più opportuni[52], terrapieni stradali[53], viadotti[54], o ove questi non erano possibili, strutture lignee[55], muri di sostegno[57], asportazioni di terreno, esecuzioni di tagliate nella roccia[58] o lo scavo di gallerie[59].

Per quanto riguarda il tracciato vero e proprio la sequenza costruttiva ricostruita[60] prevedeva come prima operazione, primus labor, la delimitazione dei margini della via con due solchi paralleli nel terreno, inchoare sulcos et rescindere limites. Al loro interno si scavava una trincea sino a raggiungere una base sufficientemente solida capace di sostenere il manto stradale, cavare terras egistus penitus. Con un procedimento assai simile a quello descritto da Vitruvio per le gettate di calcestruzzo si colmava quindi la fossa o gremicum, imax haustas alitere replere fossas, con alcuni strati di materiale, in genere quattro ma a condizionarne numero, forma, contenuto e spessore erano le specifiche condizioni del terreno oltre ai materiali da costruzione disponibili[61]. L'operazione di riempimento nel suo complesso, che poteva raggiungere una profondità complessiva di oltre un metro e mezzo[62], doveva assicurare coerenza al manto stradale impedendo l'apertura di voragini e cedimenti, ne nutent sola, ne maligna sedes/et pressis dubium cubile saxis. La fondazione era costituita da uno strato, spesso almeno 30 cm[63], assimilato allo statumen e formato da di pietre di media o grossa taglia[64] che aveva lo scopo di consolidare il terreno natutale[65]. Al di sopra veniva gettato il rudus, una massa di ciottoli[66], legati con argilla e raramente con malta, battuto allo scopo
di renderlo più compatto con mazze ferrate, e disposto su letti orizzontali. Questo strato di materiale più fino che serviva a drenare le acque era ricoperto a sua volta dal nucleus, costituito da ghiaia grossa livellata con battipali (fistucatio) e rulli (ingenti aequanda cylindro)[67], ed avente il dorso leggermente arcuato che accompagnava la posa del summum dorsum, crusta o pavimentum. In questo modo le acque piovane defluivano nelle cunette[68] poste ai lati della carreggiata immediatamente al di sotto dei marciapiedi o crepidines che talora l'affiancavano[69]. Il pavimentum poteva essere costituito di semplice terra battuta, ed allora si parlava di viae terrenae[70], di ghiaia o breccia, e le vie erano dette viae glarea stratae o glareatae, di lastre di pietra poligonali e diseguali di basalto o, a seconda della disponibilità di calcare, spianati nella parte superiore e profilati in quella inferiore a cuneo, accostati accuratamente, e la definizione era quella di viae silicae o lapidibus stratae. L'operazione di pavimentazione, per l'appunto, era quella di silice sternere; lapide, saxo quadrato sternere[71]. Stazio canta con orgoglio l'ingenti plaga marmorata dorso[72].

Talvolta, specie su percorsi ripidi, solchi paralleli venivano scavati nella pavimentazione per guidare le ruote dei veicoli evitando la loro uscita di strada specie in caso di presenza di ghiaccio[73].
La larghezza della via pubblica, a differenza di quella privata che aveva una larghezza minima determinata dalle leggi[74] era connessa quantum ratio utilitatis permittit ovvero si adattava alle varie condizioni ed esigenze[75] come peraltro anche quella dei marciapiedi che talora l'affiancavano, ampliata nelle zone più affollate di traffico[76], ed era comunque tale da consentire il passaggio dei veicoli ed il loro incrocio[77].
Alla costruzione seguiva il collaudo del percorso, la posa delle pietre delimitanti il percorso, dei milliari, dei tabellarii[78] e delle pietre che agevolavano la salita e discesa da cavallo.

(tratto da http://www.archeogate.it )

 

lo statumen, la massicciata di base, composta di blocchi molto grandi e alta non meno di 30 cm
la ruderatio, (rudus) fatta da pietre tondeggianti legate con calce, il cui spessore non era mai inferiore a quello della massicciata
il nucleus, uno strato di grossa ghiaia ben compattata e malta nella proporzione di 3:1 livellato con enormi cilindri
il pavimentum, ossia il rivestimento, generalmente in grossi massi di silex, una pietra basaltica di eccezionale durezza e sostanzialmente indistruttibile: i "basoli", da cui la definizione di basolato per indicare la pavimentazione.
http://www.scudit.net/mdstraderomane.htm

Come si costruisce una strada romana

 

Gli agrimensores, corrispondenti agli attuali geometri, delimitavano i margini della strada; successivamente veniva eseguito lo scavo della carreggiata; poi avveniva la deposizione degli strati sovrapposti (viam sternere) e la compressione degli stessi, costituendo la massicciata di base (statumen).

via PrenestinaSeguiva la deposizione del conglomerato di pietra tonda (ruderatio) con l'utilizzo di un legante di calce e poi la messa in opera di ghiaiame grosso, costipato e compresso, quindi l'apposizione di una pavimentazione di pietrame (galera); oppure venivano usati blocchi di basalto (silex) e lastre squadrate (saxum quadratum), a seconda dei materiali disponibili in loco.

 

 

I basali, posti lateralmente (umbones) a file, racchiudevano la pavimentazione (pavimentum) che, nella parte centrale mostrava un profilo curvato, a schiena d'asino e questo per favorire lo scorrimento delle acque e la loro raccolta laterale nei cunicoli e nelle canaletto di scolo.

La larghezza di una strada romana in genere era compresa tra i 4 ed i 6 m, solo eccezionalmente era di 10 - 14 metri, onde permettere l'incrocio di due carri e solo allora poteva fregiarsi del titolo di "via" romana; le varianti erano dovute ai luoghi ed all'importanza delle vie; gli stessi marciapiedi potevano essere di terra battuta o lastricati, larghi dai 3 ai 10 metri per lato. Il raggio di curvatura delle strade era compreso tra i 5 e gli 8 metri e questo per permettere una buona virata degli assali anteriori dei carri; la pendenza delle strade non doveva superare il 20%.

Un carretto a due ruote (chiamato cisium), per correva una tale strada alla velocità anche di 16 chilometri or ari; un uomo a piedi riusciva a percorrere 4 ed anche 5 chilometri orari; la merce su strada, tramite carri, veniva trasferita ad una velocità di 7-8 chilometri orari.

L'Appia, come altre strade importanti, era dotata di "Mansiones" (luoghi di sosta per il cambio dei cavalli), di "Mutationes " (luoghi di ristoro e di pernottamento, una specie degli attuali Motel) e di "un servizio di polizia stradale".

 

http://www.calaggio.it/strade.htm

 

Architetture sacre Viene utilizzato l'ordine dorico, con colonne poggiate su un basamento. Ma anche quello corinzio, spesso interpretato liberamente con decorazioni floreali e protomi umane.
Architettura funeraria Sepolcro di Cecilia Metella. Un corpo cilindrico su basamento cubico ornato con un fregio a festoni e bucrani.
Il mosaico lisostroto: rivestimento pavimentale
opus tessellatum: rivestimento a tasselli quadrangolari che formavano figure geometriche a circondare una figura centrale, l'emlema eseguito con tessere più piccole disposte con un andamento serpentino.

il governo di Augusto (31 a.C - 14.C.) e il suo consigliere Marco Agrippa Nasce l'ordine Composito.
Campo Marzio: 
L'Ara Pacis
Il Pantheon (27 a.C.)
Il teatro di Marcello.
Tempio di Minerva ad Assisi

Tito (80) Anfiteatro Flavio (Colosseo): A pianta ellittica, di 188 x156 metri. formato da gallerie sovrapposte nei tre diversi ordini, tuscanico, ionico e corinzio, sormontate da un attico ornato da paraste composite.
 

Arco di Tito

Traiano Foro Traiano
  Colonna Traiana
Adriano Mole Adriana (Castel Sant'Angelo)
Villa Adriana (Tivoli): l'imperatore riprodusse gli edifici greci che aveva visitato ornandoli di opere originali, marmi e stucchi, mosaici e pitture.
Commodo Colonna Antonina (193): nuova l'impostazione stilistica,la veduta a volo d'uccello; ogni episodio, diviso dall'altro malgrado la continuità della narrazione. Il contrasto chiaroscurale è violento, dato dal forte rilievo delle figure e dai solchi scavati nei panneggi.
Settimio Severo Terme di Caracalla: il calidarium venne realizzato a pianta circolare e cupola e fu preso a modello per successive costruzioni di mausolei ed edifici sacri paleocristiani.
Diocleziano (284 - 305) Le terme: l'aula centrale, con volta a crociera venne trasformata da Michelangelo nell'attuale Santa Maria degli Angeli,
Costantino Arco di Costantino (312-315)

L'anfiteatro Flavio
(Il colosseo)

 
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