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Théodore Géricault, Le radeau de la Meduse
1819 Louvre - Parigi
Ottocento
cm 716 x 491 Géricault fu immediatamente ispirato dal tragico evento che coinvolse la fregata francese Méduse la quale, per una serie di sfortunate coincidenze e per l'imperizia del suo capitano, si incagliò al largo della costa dell'attuale Mauritania. Alcuni superstiti furono collocati su una zattera e abbandonati al loro destino. Per due settimane la zattera vagò in balia delle correnti fino a quando, due settimane dopo, fu avvistata da una nave di passaggio. Quello che successe a bordo della zattera lo raccontò in ogni suo orribile dettaglio un medico sopravvissuto al naufragio: Henri Savigny. G. lavorò per anni con innumerevoli disegni preparatori, usando a modello, così come i grandi del rinascimento italiano, corpi di cadaveri. Ne è risultata un'opera epica, di più di sette metri di larghezza, dall'impatto fortemente drammatico. Completamente diversa dalle opere che qualche anno prima aveva espresso la migliore pittura francese di David ma ancora profondamente legata ai temi della pittura classica. Persino nei corpi freddi di morte G. evidenzia ancora la potenza muscolare. Rispetta attentamente le regole della composizione piramidale e le giuste proporzioni. Modula con effetto le torsioni come Michelangelo, i gesti come Leonardo, le luci e le ombre come Caravaggio. E la concitazione alla vista della nave all'orizzonte ricorda il trambusto nella Trasfigurazione di Raffaello. (AL) |
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