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Henri Toulouse-Lautrec, La toilette
1890
Impressionismo Ottocento
1890? TOULOUSE-LAUTREC (Argan) La toilette La pittura e la grafica di Toulouse-Lautrec sono state paragonate alla narrativa di Maupassant, tutta scorci taglienti e colpi di luce. Al di là delle preferenze tematiche (Toulouse è il pittore di Montmartre e della sua vita artificiosa e brillante: i cabarets, il varietà, il circo, le case di piacere) mira veramente ad una figurazione rapida, duttile, intensamente significativa e comunicativa, non solo esteriormente ma strutturalmente simile all’espressione linguistica. Col suo réportage conciso ed icastico (rappresentativo, ndr.), non vuole tanto rappresentare la realtà che ha sotto gli occhi quanto cogliere ciò che, trapassando la pura sensazione visiva, agisce come stimolo psicologico. Preferisce alla pittura il mezzo più veloce del disegno, si serve volentieri della litografia e del pastello che comunicano l’immediatezza dello schizzo, perfino dipingendo trasforma la pennellata impressionistica in penetrante tratto colorato. Come Van Gogh (che ha frequentato nel i886) studia le stampe giapponesi, ma con tutt’altro in tento: in esse l’immagine non è presentata come qualcosa d’immobile, ma come un tema ritmico che si trasmette allo spettatore, agisce a livello psicologico come sollecitazione motoria. E stato il primo a intuire l’importanza di quel nuovo «genere» artistico, tipicamente cittadino, che è la pubblicità: disegnare una affiche o la copertina di un programma costituiva, per lui, un impegno non meno serio che fare un quadro. E si capisce: nella pubblicità il comunicare per sollecitare una reazione è più importante che il rappresentare. Se la rappresentazione è qualcosa che si fissa e prospetta, la comunicazione si insinua e colpisce. Se un impressionista, per esempio Manet, rappresentava un boccale di birra, era perché l’interessava il biondo dei liquido, il bianco della spuma, i riflessi del vetro: nell’affisso pubblicitario il boccale di birra mira soltanto a suscitare (e non nell’osservatore singolo, ma in tutti) la voglia di birra fresca. Per la prima volta, con Toulouse, l’attività dell’artista non tende più a concludersi in un oggetto finito, il quadro, ma si dipana nella serie ininterrotta dei dipinti, delle incisioni, dei disegni, nell’album di schizzi che si sfoglia come si leggerebbe una raccolta di poesie. È l’esigenza che negli stessi anni Mallarmé afferma per la poesia: l’arte non è più la visione dell’artista, ma la quintessenza della sua esistenza e della sua esperienza. Se Toulouse s’interessa più alla società che alla natura è perché la sente più animata, più pronta a mutare sotto la spinta di impulsi psicologici; se predilige il mondo effimero e brillante del varietà non è perché lo consideri più vero, ma perché la sua patente (aperta, ndr.), consapevole artificialità gli appare significativa dell’artificialità di fondo della società del suo tempo. Mimi, ballerine e prostitute, con il ritmo tronco e irritato della loro danza, sono i corifei (capi, ndr.), della comédie humaine. La toilette è un quadro, nel senso tradizionale del termine: eppure in esso ogni segno, grafico o coloristico che sia, non vale per sé, ma per la sua capacità di trasmettere un’energia che subito si comunica a tutto lo spazio. Impossibile isolare, nel suo contesto fitto ed animato, un bel colore, un bell’arabesco lineare. Lo spazio non è profondità né schermo di proiezione: è un piano sfuggente, sdrucciolo, sul quale figure e cose non stanno ma scorrono, La luce non batte su superfici colorate facendole brillare o vibrare: passa lungo i filamenti del colore come l’energia elettrica lungo i fili del circuito. Il colore, frantumandosi nei tratti brevi e incisivi, acquista in movimento quello che perde in intensità: la divisione del tono (in cui Seurat cercava una piena unità luminosa) diventa irradiazione e diffusione. La veduta dall’alto, che dà lo spazio come piano inclinato e non più come vano, impedisce di separare spazio e cose, fondo e oggetti: ciò che l’artista vuol rendere non è una figura in un ambiente, ma un frammento di spazio in cui la figura non è che un nucleo di moto. La presenta di schiena (si veda, a confronto, la bagnante di Ingres, dove la figura domina riducendo al minimo l’ambiente); ma non è più, come in Degas, una figura in moto che comunica il proprio scatto allo spazio, è come attratta e risucchiata nella prospettiva tesa della stanza. L’asciugamano avvolto intorno ai lombi nasconde la cerniera del moto, la confonde e disperde nell’alone del lenzuolo spiegazzato. La figura non è in primo piano: e si noti come i tre piani sovrapposti (lenzuolo, tappeto, pavimento) sembrino slittare l’uno sull’altro, spingendo la figura verso il fondo. La prospettiva ha un andamento spezzato, a zig zag: punta a destra con il braccio e la gamba della ragazza, devia a sinistra con i listelli del piancito, s’interrompe e riprende oltre l’ostacolo della bacinella. La poltrona a destra, con il suo sostegno di vimini attorti, imprime alle linee e alla luce un movimento a vortice. La materia del colore è arida e magra, le pennellate sono come i fili di un tessuto teso fino a lacerarsi; tradiscono, nella loro asciutta durezza, il tratteggio in più sensi della matita. Nessuna caratterizzazione psicologica in questa figura senza volto: il suo significato umano (a cui, come sempre, Toulouse è attentissimo) traspare dal modo di sedere per terra, dalla gracilità di quella schiena di cui s’intuiscono sotto la pelle i muscoli pronti allo scatto, dalla crocchia dei capelli rossi, dalle cose che ha intorno. Sembra che l’artista abbia evitato di proposito tutto ciò che colpisce l’occhio per isolare ciò che attraverso l’occhio penetra e suscita una reazione, una risposta del pensiero. Anche Toulouse, dunque, muove dall’Impressionismo (chiarissimo il richiamo anche tematico a Degas) e lo oltrepassa, non già per «superarlo», ma per tirarne le conseguenze. Prima di tutte: la percezione non è attività soltanto visiva, ma psicologica. Dell’immagine si coglie la presenza molto al di là della rètina: tanto più intensa, anzi, quanto più in quel percorso mentale si spoglia della sua superficialità brillante per mettere a nudo il suo ritmo interno e vitale, come una foglia di cui si distrugga la superficie carnosa per recuperare il tessuto fitto delle nervature. Sul nuovo valore della percezione sensoria scoperto dagli impressionisti Cézanne costruisce tutto un pensiero, quasi una filosofia; Van Gogh una morale esasperata, Seurat una nuova scienza. Toulouse analizza la sensazione come stimolo psicologico, e naturalmente dal livello dell’individuo passa a quello della società perché nulla è in sé, tutto è relazione. Perciò la sua ricerca s’intona con quella contemporanea dello Art Nouveau, cioè dell’arte che tende ad inserirsi nella società, a interpretarla, a mettersi all’unisono con il ritmo della sua esistenza. V’è tuttavia un’obbiezione che l’opera pittorica e grafica di Toulouse oppone al l’Impressionismo: cercare il «bello» nella pienezza della luce e nello splendore del colore non è sostanzialmente diverso dal cercarlo, come Ingres, nella purezza delle proporzioni e della forma plastica. È sempre contemplazione della natura, superamento della realtà. Ma se dalla natura l’uomo può distinguersi per contemplarla, la società non si contempla e non può essere né bella né brutta: ci si vive dentro e, al suo interno, si può soltanto comunicare con gli altri, che come noi ne fanno parte. Non soltanto si identifica l’arte con la vita ma con un modo più intenso, più lucidamente critico, ironico anche, di vivere la vita: è un modello dello stare nel mondo non passivamente, ma in modo animato e brillante. E in questa definitiva rinuncia all’arte-contemplazione per l’arte-comunicazione la ragione di quella straordinaria « attualità» di Toulouse, di cui Picasso, agli esordi della sua opera, fu il primo ad accorgersi. |
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