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Nuova astrazione
1962 |
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(EE) - Nata anch’essa come la Nuova Figurazione dalle ceneri dell’informale, indica quell’area di ricerca astratta che si sviluppa sia in America che in Europa lungo tutto l’arco degli anni Sessanta fino ai primi anni Settanta. L’informale non è estraneo alla nascita della NA in quanto presupposto di liberazione della rigorosità geometrica della forma verso una ricerca di strutture aperte. Toward a New Abstraction è il titolo dell’esposizione al Jewish Museum di New York introdotta da Ben Heller nel 1963 che precede di un anno la mostra Post Painterly Abstraction curata da C. Greenberg al County Museum of Art di Los Angeles. In entrambe le occasioni sono presenti artisti che saranno considerati i protagonisti della NA americana. Mentre B. Heller parla di «un approccio concettuale alla pittura» (1963) come caratteristica principale di questi artisti, C. Greenberg sottolinea il passaggio dal pittoricismo dell’espressionismo astratto ad una ricerca lineare attraverso una calibrata stesura del colore non più interrotta dal gesto dell’artista e trattenuta in griglie geometriche. I confini molto ampi di questa nuova tendenza comprendono esperienze diverse che vanno dalle improvvisazioni più libere di S. Francis, H. Frankenthaler, M. Louis e J. Olitski agli esiti più sistematici di E. Kelly, K. Noland, L. Poons, F. Stella e dello scultore D. Smith che aprirà la strada alle strutture primarie. Il precedente diretto di queste nuove esperienze si trova nella pittura di «non-azione» di M. Rothko, B. Newman e C. Still con la differenza che i significati mistici e trascendentali ancora presenti nelle tele dei pittori di questa generazione vanno scomparendo nella NA che tende alla trasformazione del quadro in «una presenza oggettiva in grado però di agire sullo spettatore mediante la forza dinamica del colore» (F. Menna, 1964). Le opere dei pittori americani protagonisti della NA saranno presenti nelle principali mostre in tutta Europa fin dall’inizio degli anni Sessanta. La problematica europea di quegli anni è meno lineare di quella americana. Il dibattito sviluppatesi dopo l’informale apre la strada a nuove e diverse direzioni di ricerca per le quali la riduzione ad una etichetta è quanto mai vaga e riduttiva. Il dibattito in corso si raccoglie a Milano intorno alla rivista «Azimuth» ed all’omonima galleria a partire dal 1959 e a Düsseldorf con il gruppo Zero fin dal 1958. Interprete di questo clima sarà il critico U. Kulterman che nel 1960 organizzerà una mostra al mc di Leverkusen dal titolo Monochrome Malerei a cui sono invitati artisti come P. Dorazio, F. Lo Savio, E. Castellani, P. Manzoni, Y. Klein, O. Piene, H. Mack accanto ai più anziani L. Fontana, M. Rothko, C. Still, B. Newman. L’opera di riduzione e di azzeramento dei valori artistici, le nuove ricerche visuali attraverso l’indagine sulla luce e sul colore, l’intento critico/conoscitivo di questi artisti sono gli aspetti fondamentali del loro lavoro. G. Ballo nell’ambito della Biennale di Venezia del 1968 proporrà una ricostruzione del percorso della NA, individuandone i precedenti storici nei capisaldi dell’avanguardia costruttivista ed astrattista, e preciserà che in questa nuova tendenza «ci può essere l’intervento geometrico e anche l’influsso della libertà informale; ma tutto tende a risolversi in arte di pura percezione, dove lo spazio, senza la terza dimensione, fa sentire il divenire, e quindi il tempo, la quarta dimensione, nell’idea del continuo». Non bisogna dunque slegare del tutto dal campo della NA il discorso sull’«opera aperta, programmata e moltiplicata» nel senso di una ricerca di comunicazione attraverso le leggi della percezione pur tenendo conto delle diverse finalità. Agli inizi degli anni Settanta viene riproposto il termine di NA per quella pittura che dopo la Pop Art e le correnti programmate e op, l’«hard edge» abstraction e la minimal, «ha ridato nuova importanza al colore ed al fatto pittorico » (G. Dorfles, 1973). Si fa riferimento in questo caso ai pittori americani E. Kelly, R. Mangold, B. Marsden, D. Rockburne, R. Ryman. Il discorso americano ruota soprattutto intorno all’analisi del linguaggio pittorico attraverso la ricerca di astrazioni primarie e colori non relazionali e viene messo in risalto dalla mostra Systemic Painting organizzata da L. Alloway nel 1966 al Guggenheim Museum di New York in cui gli artisti guida di questa area vengono riconosciuti in Ad Reinhardt e B. Newman. Sul versante europeo alle scelte più propriamente pittoriche si aggiungono delle implicazioni ideologiche orientate verso un discorso sul piano sociale di critica del sistema artistico. Questo si esplica in maniera evidente soprattutto in Francia con D. Buren, O. Mosset, Parmentier e N. Toroni e con L. Cane e C. Viallat. Ricordiamo tra gli altri gli italiani C. Battaglia, P. Cotani, M. Gastini, G. Griffa; gli inglesi A. Charlton e A. Green; i tedeschi W. Gaul e R. Girke. Da citare anche il singolare percorso di B. Palermo (P. Heisterkamp). Come ricorda F. Menna (1968) molti di questi artisti operano già all’inizio degli anni Sessanta a testimonianza di uno sviluppo senza soluzione di continuità dell’area della NA che attraverso la pittura analitica giungerà fino ai nostri giorni. [Einaudi] |
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