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Tachisme
1953 |
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(EE) - Il termine fu proposto in senso dispregiativo dal critico Pierre Guéguen nel 1953 su «Art d’Aujourd’hui» e, cambiato di segno, ebbe immediata fortuna in Francia, collocandosi accanto alle espressioni «art autre», «informel», «abstraction lyrique » nell’articolato gioco di definizione dei fenomeni riconducibili alla pittura di segno e di gesto. La polemica di Guéguen, sostenitore dell’astrazione geometrica, era diretta contro Charles Estienne, che aveva presentato in una mostra alla Galleria À l’Etoile schellée di Parigi i dipinti gestuali di Degottex, Duvillier, Loubchansky e Messagier. Estienne adottò e connotò positivamente l’espressione nel testo programmatico Une révolution: le Tachisme, pubblicato nel ’54 su «Combat»: «la macchia [tache] è il grado zero della scrittura plastica, il grado zero della nascita dell’opera». Il termine dunque non solo si adattava a descrivere le nuove morfologie, ma, in un confronto a distanza con l’espressione americana Action Painting, consentiva di risalire alle intenzioni e alle modalità tecniche che le determinavano – fattura spontanea, rifiuto della composizione, idolatria del gesto immediato. Esso venne applicato alla pittura di Michaux, Wols, Bryen, Alechinsky, Götz, conoscendo una certa fortuna anche in area tedesca. Ma al suo uso si opposero sempre in Francia alcuni sostenitori dell’informale quali Marchand, Restany, Tapié, che se ne servirono solo per segnalare i sintomi incipienti di un nuovo accademismo anti-formalista, speculare a quello neoplastico. |
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