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Realismo socialista
1918 |
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(EE) - Dottrina artistica sovietica che esige dall’aDottrina artistica sovietica che esige dall’artista «una rappresentazione veridica e storicamente concreta della realtà nel suo sviluppo rivoluzionario. Egli deve in particolare contribuire alla trasformazione ideologica dell’educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo». Gli inizi del rs risalgono al 1918: all’indomani della vittoria, il Comitato centrale del partito bolscevico auspica la creazione di un’«arte realistica di propaganda rivoluzionaria, comprensibile alle masse». Dopo il 1920, gli attacchi contro la sinistra artistica si manifestano con nuovo vigore; la «Pravda» pubblica intere colonne contro le «elucubrazioni astratte d’ispirazione piccolo-borghese». In quest’atmosfera polemica, numerose organizzazioni artistiche cercano di rispondere all’appello del partito: il gruppo N.O.æ. (Novoe Ob?™estvo æivopiscev), con G. G. Rjajskij alla testa, auspica «la creazione di una pittura nuova, che si appoggi alla tradizione e ne utilizzi le forme meno mo- derniste, cioè le meno pericolose»; il gruppo Bytie (P. P. Kon™alovskij e V. Kuprin) sottolinea la sua visione materialistica del mondo e l’importanza del soggetto che si tratta. L’anno 1922 porta, con la nascita del gruppo A.Ch.R.R. (Associacija Chudo?nikov Revoljucionnoj Rossii, ovvero Associazione degli artisti della Russia rivoluzionaria, poi divenuta Associazione degli artisti della rivoluzione), una nuova interpretazione dell’arte. I membri dell’A.Ch.R.R. si danno il compito di presentare in modo nel contempo artistico e documentario l’aspetto solenne delle grandi trasformazioni intervenute dopo la rivoluzione d’ottobre. I soggetti prevalgono allora sulla forma: la vita quotidiana (forzosamente felice) dei contadini e degli operai, l’eroismo dei soldati dell’Armata Rossa, i ritratti dei capi del partito: tutta una gamma di temi battezzata nel suo complesso «realismo eroico». La tradizione artistica dei Peredvi?niki, da cui sono usciti molti tra i pittori dell’A.Ch.R.R., grazie al suo ruolo educativo viene presto rimessa in auge da Luna™arski (commissario del popolo all’Istruzione pubblica). Sostenuti ufficialmente dalle autorità, gli artisti dell’A.Ch.R.R. conducono una lotta spietata (e infine vittoriosa) contro numerose correnti dell’avanguardia. Comincia cosí il regno di un’arte nuova, una delle cui vocazioni è quella di mostrare l’attaccamento del popolo sovietico ai suoi capi. Uno degli artisti piú eminenti dell’A.Ch.R.R., Isaak Brodskij dipinge già nel 1918 numerosi ritratti di Lenin; il suo esempio è subito seguito da A. M. Gerasimov (Lenin sul podio, 1929: Mosca, Gall. Tret´jakov), S. Maljutin (Ritratto di Furmanov, 1922: ivi), N. Andreev (Ritratto di Lenin, 1922: ivi), nonché da B. V. Ioganson (l’Interrogatorio dei comunisti, 1933: ivi) ed E. A. Kacman. Un altro soggetto predominante è l’epopea rivoluzionaria e l’elogio dell’Armata Rossa; M. B. Grekov dipinge nel 1925 il suo famoso quadro Ta™anka (ivi), K. P. Petrov-Vodkin dà nel 1928 un’immagine simbolica della rivoluzione, la Morte del commissario (Mosca, Museo Centrale dell’Esercito), A. A. Dejneka canta lo slancio rivoluzionario (la Difesa di Pietrogrado, 1928: ivi). La bellezza della patria ispira pure numerosi artisti come Juon, I. I. Ma?kov, B. N. Jakovlev, A. E. Archipov. Fino al 1933, l’A.Ch.R.R., pur restando l’organizzazione artistica privilegiata, deve nondimeno accettare l’esistenza altrui. Ma il 23 aprile 1933 il Comitato centrale del partito pubblica il decreto sull’«unificazione delle organizzazioni letterarie ed arti- stiche», creando in tal modo sindacati uniformi. La grande retrospettiva dei quindici anni dell’arte sovietica viene allestita immediatamente dopo: deve dimostrare il successo del nuovo metodo e contribuire ancor piú alla sua cristallizzazione. L’introduzione, ormai ufficiale, dell’espressione «rs» e la formulazione teorica delle sue premesse, elaborata da M. Gor´kij, aprono una nuova fase: gli artisti devono «servire gli ideali del partito comunista e contribuire cosí alla costruzione del socialismo». Assoggettata a finalità politiche, la pittura sovietica resta allora, fino al 1955, uno strumento efficace per propagare il «culto della personalità». Le opere di quest’epoca, eseguite con una cura minuziosa dei dettagli, sono anch’esse limitate nel soggetto. I temi predominanti sono infatti di esemplare monotonia: la campagna infine felice dopo la collettivizzazione (S. A. Gerasimov, la Festa al kolchoz, 1937; Mosca, Gall. Tret´jakov), l’eroismo e la vigilanza dell’esercito (S. A. Oujkov, Alla frontiera, 1938: San Pietroburgo, Museo delle culture orientali), i ritratti dei capi dello Stato – tra i quali Stalin occupa il posto preponderante (Gerasimov, Ritratto di Stalin, 1935: Mosca, Gall. Tret´jakov). La guerra, esaltando il nazionalismo russo, fa rivivere sulle tele il passato militare glorioso (N. P. Ul´janov, Kutuzov, 1945: ivi; P. D. Korin, Aleksandr Nevskij, 1943: ivi), legato allo sforzo presente (G. G. Nisskij, La difesa di Mosca, 1942: Mosca, ministero della Cultura; V. Obincov, Stalingrado, 1943: Museo di Riga; A. Dejneka, la Difesa di Sebastopoli: San Pietroburgo, Museo russo; S. Gerasimov, la Madre del partigiano, 1943: Mosca, Gall. Tret´jakov). Dopo il 1955, la «concezione schematica e dottrinaria del metodo del rs» viene stigmatizzata, per un’interpretazione piú elastica e piú libera. Può allora manifestarsi una nuova ricerca delle soluzioni formali (per esempio in G. M. Kor?ev, P. Smolin o D. æilinskij). Nondimeno, la dottrina del rs continuò ad essere l’unica metodologia artistica ufficialmente ammessa nell’Urss. |
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