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Lucio Fontana (1899 - 1968)
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"L'arte non è la pittura, la scultura, solo: l'arte è una creazione dell'uomo, che la può trasformare in qualunque cosa...come può anche finire, perché verranno dei fatti talmente eccezionali… L'arte sembrerà troppo elementare:
sarà superata dall'intelligenza dell'uomo e subentreranno altre attività che sostituiranno l'arte". In Lucio Fontana convergeranno sempre le ricerche quasi neobarocche della sua attività ceramica e la purezza della ricerca spaziale. Le sue opere giovanili, influenzate da Archipenko o Arp, erano sperimentò graffiti su cemento nero, materie plastiche, metalliche, ecc.. E' nel 1946 che la sua attività si teorizza con la stesura del "Manifesto Blanco", in Argentina dove poneva fine all’esigenza del quadro di cavalletto o alla necessità di distinguera tra quadro e statua. A partire dal 1949 iniziò coi suoi “quadri bucati” e poi le “tele tagliate”. Alla biennale del 1958 portò una serie di opere composte da un doppio strato di tela di colore diverso. Si avvicina in questo periodo all’opera di Rothko abbandonando Tapis. I buchi erano segni gestuali solidi come quelli di piani di Mathieu o di Hartung. La serie di “teatrini”, dipinti in cui determinante era la forma sempre varia della cornice fa animare l’opera di significati spesso al di fuori della volontà dell’artista. La possibilità di vedere in un opera più di quello che l’artista voleva dire è uno dei motivi del grande successo di Fontana
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