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André Derain (1880 - 1954)
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Tratto da Einaudi - (Chatou 1880 - Chambourcy 1954). I genitori, commercianti,
lo avevano destinato alla carriera di ingegnere, ma
la sua vocazione fu decisa assai presto. A diciannove anni
frequentò l’Académie Carrière e si dedicò alla pittura, incoraggiato
da Vlaminck, suo amico, che incontrò nel
1900. Affittarono insieme nello stesso anno, nell’isola di
Chatou, uno studio che doveva diventare uno dei focolari
del fauvisme. Erano due persone assai diverse, e presero
presto strade differenti: Vlaminck si proclamò «tutto
istinto», mentre la natura esigente e irrequieta di D lo
spingeva verso la riflessione e la cultura, particolarmente
verso l’arte dei musei. Fu infatti al Louvre, dove eseguiva
copie con Linaret e Puy, che D attirò l’attenzione di Matisse
per la libertà e la forza delle sue interpretazioni. Un
lungo servizio militare (1900-1904) ne limitò moltissimo
la produzione ma determinò un interessante scambio di
corrispondenza con Vlaminck. Nel 1904 Matisse riuscí a
persuadere i genitori di D a consentire al figlio di dedicarsi
definitivamente alla pittura. Risalgono a quell’anno,
particolarmente, le Chiatte al Pecq (Parigi, mnam), vigorosamente
dipinte, con colori puri e violenti. D trascorse a
Collioure l’estate del 1905, in compagnia di Matisse. La
Storia dell’arte Einaudi
sua tecnica, dagli ampi tocchi quadrati, rammenta quella
di Matisse, che non aveva totalmente abbandonato il divisionismo,
ma possiede un lirismo colorato e un fattura decisa
che sono inediti. I suoi paesaggi furono esposti alla
famosa «gabbia dei fauves» del salon dell’autunno successivo
(Collioure: Troyes, coll. Pierre Lévy). Ambroise Vollard,
che Matisse gli aveva presentato, comperò a D l’intera
sua produzione e gli suggerí di recarsi a Londra, dove
infatti egli dipinse, nel 1905 e 1906, le tele famose di
Hyde Park e la fiammeggiante serie di paesaggi del Tamigi
(Saint-Tropez, Museo dell’Annonciade). Dal 1907 la
rete delle amicizie e degli influssi si disegna in modo diverso;
D abbandonò Chatou e si allontanò da Vlaminck,
stabilendosi a Montmartre in rue de Tourlaque presso il
Bateau-Lavoir e i suoi nuovi amici Braque, Max Jacob,
Apollinaire, Van Dongen Picasso. Senza sacrificare del
tutto il colore, dal quale a Chatou a Collioure e a Londra
aveva tratto gli effetti piú intensi, se ne distaccò, come
faceva Braque nello stesso periodo. Non giunse ad aderire
al cubismo; nondimeno, strutturava ormai sempre piú
energicamente le sue tele, fino al 1910 ca., nei paesaggi di
Cassis (Troyes, coll. Pierre Lévy) o nelle Bagnanti (1908:
New York, moma), scaturite probabilmente dalle Demoiselles
d’Avignon di Picasso. Nel Ponte di Cagnes (Washington,
ng) o nella Veduta di Cadaquès (1910: Basilea, km) si
può rammentare Cézanne. Presto l’opera di D cominciò a
tradire esperienze diverse: la pittura italiana e fiamminga
del xv sec. (Attraverso la finestra, 1912 ca.: New York,
moma), il repertorio delle immagini popolari (il Cavalier
X, 1914: Leningrado, Ermitage), la pittura medievale (i
Bevitori, 1913: Tokyo, Museo Kabutoya) Durante la quindicina
d’anni seguiti alla guerra, che non soltanto aveva
disperso tutto il gruppo dei giovani pittori, ma che aveva
esacerbato nei critici e nel pubblico una sensibilità nazionalista
e tradizionalista, D appare il «massimo pittore
francese vivente», il «regolatore». Viene lodato da Salmon,
Apollinaire, Elie Faure, Clive Bell per il suo eclettismo,
carattere dominante della sua arte, che oggi gli viene
piuttosto rimproverato. La cultura dei musei è infatti
sempre piú avvertibile nelle sue soluzioni pittoriche e
nella sua tecnica: i nudi ricordano ora Courbet, ora Renoir,
i paesaggi ora Corot (la Basilica di Saint-Maximin:
Parigi, mnam), ora la scuola di Barbizon, o persino Magnasco
(le Baccanti, 1954: Troyes, coll. Pierre Lévy). I ri-
Storia dell’arte Einaudi
tratti, spesso di assai brillante esecuzione, ricordano di
volta in volta, a seconda del tipo del modello, Bisanzio,
Venezia, la pittura spagnola, Ingres. La parte piú personale
del suo lavoro, indirettamente o direttamente, era ispirata
dallo spettacolo, sia nell’impressionante Pierrot e Arlecchino
(1924: Parigi, donazione Walter-Guillaume), sia
nelle scenografie e costumi da balletto: la Bottega fantastica
per Djagilev (1919), Jack in the Box di Erik Satie
(1926), Mam’zelle Angot (1947), il Barbiere di Siviglia
(1953) per Aix-en-Provence. Fu pure eccellente illustratore.
Incideva di solito su legno (praticava questa tecnica
dal 1906): l’Enchanteur pourrissant di Apollinaire (1909),
Opere burlesche e mistiche di fra Matorel morto nel convento
di Barcellona di Max Jacob (1912), il Monte di Pietà di
André Breton (1916), l’Eliogabalo di Antonin Artaud
(1934). Il ritorno di D ai valori tradizionali dopo una brillante
fase fauve coincise con la creazione, da parte dei
suoi amici Picasso e Braque, del cubismo, il cui rifiuto
contribuí forse a volgere in diversa direzione le ambizioni
di D. In seguito la sua opera fu testimonianza, spesso brillante
e convincente, di un artista dotatissimo e intelligente,
che i dubbi, il bisogno di riferimenti, la volontà di
creare un nuovo classicismo francese, deliberatamente
mantennero controcorrente. È presente nella maggior
parte dei grandi musei europei e statunitensi, e in numerose
coll. priv., la piú importante delle quali è la coll.
Pierre Lévy a Troyes, donata nel 1976 al mba della stessa
Troyes. La donazione Walter-Guillaume, entrata a far
parte dei Musei Nazionali dal 1966, e conservata nel
museo dell’Orangerie a Parigi, comprende un gran numero
di importanti opere dell’artista. (fc).
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