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Caravaggio, Narciso
1600 Palazzo Barberini - Roma
Manierismo Seicento
Il dipinto, non citato dalle fonti, è al centro di un complesso dibattito attributivo. L'attribuzione di Longhi a Caravaggio (1916, 1951), è stata accettata da una parte degli studiosi del pittore lombardo tra cui Mahon, Marini, Cinotti, Calvesi. Altri invece hanno proposto diverse attribuzioni come Manfredi, Gentileschi, Spadarino (Brandi, 1974, Papi, 1968, 1989, 1992). In seguito agli articoli di Papi la Gregori e Bologna hanno espunto la tela dal catalogo caravaggesco. L'attribuzione a Caravaggio è invece stata ribadita da Marini e Calvesi. Il riferimento a Caravaggio trova una possibile conferma in una licenza di esportazione del 1645, relativa ad un Narciso di Caravaggio di misure analoghe al nostro. Pur senza mai proporre una sicura e impossibile identificazione tra il documento e la tela, i maggiori studiosi hanno da allora accostato la licenza al quadro, ribadendo l'autografia caravaggesca. I particolari esecutivi emersi dal recente restauro, i risultati delle analisi, i confronti stilistici con altre opere autografe di Caravaggio, e l'innovazione iconografica del soggetto, - basata sull'eccezionale invenzione della doppia figura a carta da gioco di cui è fulcro ideale il ginocchio in piena luce - inducono a ritenere che il Narciso sia un'opera che appartiene pienamente ai caratteristici stilistici e formali di Caravaggio (Vodret 1996) ed è riconducibile, a quel periodo ancora non del tutto chiarito dell'attività caravaggesca databile tra il 1597 e il 1599. Un momento in cui Caravaggio predilige le atmosfere magiche, sospese, introspettive |
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