Gian Lorenzo Bernini, fontana dei Quattro Fiumi
1648, piazza Navona - Roma
 Manierismo  Seicento 

 

1648-51 -

La colossale fontana venne progettata dallo scultore italiano nel 1648, ma la sua esecuzione fu portata a termine nel 1651. La committenza arrivò a Bernini da Innocenzo X (1644-55), vero e proprio signore della piazza.
Il pontefice rimase colpito dal bozzetto preparato da Bernini, che di fatto proprio grazie a questo semplice lavoro in terracotta ottenne la commissione già prevista per Borromini e, cosa ancora più rilevante, riuscì ad entrare nelle grazie del papa fin allora a lui poco favorevole.
L’ideazione di Bernini proponeva una spettacolare metafora della grazia divina che si riversa sui quattro continenti, tema che non poteva non affascinare il pontefice, il cui stemma veniva riprodotto più volte a precisarne il ruolo di tramite terreno della volontà divina. La fontana consisteva in una vasca ellittica, alimentata da otto veli d’acqua, su cui si imponeva un grande blocco di marmo con figure, il tutto sormontato da un obelisco egizio, di imitazione romana del tempo di Domiziano, rinvenuto nel 1647 nel circo di Massenzio sulla via Appia, alla sommità del quale avrebbe trovato posto la colomba dello Spirito Santo.
Il monumento, realizzato secondo il progetto appena descritto, è conosciuto da tutti, non potrebbe essere altrimenti dato il suo giganteggiare nel mezzo di quello che in età classica fu lo stadio di Domiziano, ma in quanti sanno cosa rappresentano le quattro statue poste ai rispettivi angoli della grande scogliera centrale?
Ebbene le grandi figure maschili sono le personificazioni dei quattro fiumi più lunghi del mondo, secondo le conoscenze geografiche del tempo, uno per continente: il Danubio, il Nilo, il Gange ed il Rio della Plata (oggi sappiamo che in realtà il più lungo fiume americano è il Rio delle Amazzoni).
Se a Bernini si deve la fase progettuale della complessa composizione, per l’esecuzione delle statue bisogna fare i nomi di alcuni suoi collaboratori: Ercole Antonio Raggi per il fiume europeo, Jacopo Antonio Fancelli per quello africano, Claude Poussin per l’asiatico e Francesco Baratta per l’americano. Sul gigantismo di queste figure ci viene incontro uno dei documenti conservati all’Archivio di Stato di Roma, in cui Raggi "si obliga far detta statua o fiume d'altezza se si drizzasse in piedi di palmi 20 di misura Romana", cioè circa quattro metri e mezzo.
Tradizionalmente alcuni atteggiamenti delle quattro statue colossali sono state messe in relazione alla competizione tra Bernini e Borromini, architetto della chiesa di Sant’Agnese in Agone, altra committenza Pamphilj. Qualunque romano amante dei monumenti del centro storico vi ripeterà, per esempio, che la statua del Rio della Plata alza un braccio per il timore di un crollo dell’edificio che ha di fronte, oppure che la statua del Nilo si copre il volto in direzione della chiesa borrominiana per non guardare S. Agnese. In realtà quest’ultimo gesto ha un preciso significato: nascondersi o meglio coprirsi con un velo equivale a “non svelare”, tutto in relazione al fiume africano la cui sorgente rimase ignota fino alla fine del XIX secolo.

La competitività tra Bernini e Borromini, come tante altre fra artisti, spesso ingigantite dai biografi, è stata più volte attenuata dopo il largo successo avuto nei secoli addietro, e a conferma di questo basta ricordare, peraltro, che l’intervento di Borromini per la chiesa, iniziata da Girolamo e Carlo Rainaldi è successivo a quello berniniano di qualche anno (1653-57).
Ma torniamo in conclusione alla fontana. Nella parte bassa della scogliera, sotto alle statue dei fiumi, Bernini riproduce fauna e flora dei quattro continenti, cosicché tra le fronde appaiono vari animali: un cavallo che si abbevera sotto al Danubio, un mostro marino (fu la parte danneggiata e poi restaurata nell’agosto del 1997 quando alcuni vandali si tuffarono nella fontana usando questa scultura come trampolino), ma soprattutto un piccolo drago sotto il Rio della Plata. Tale rappresentazione è la trasfigurazione dell’armadillo imbalsamato proveniente dalle americhe che pendeva dal soffitto della wunderkammer del museo di Athanasius Kircher, celebre gesuita del tempo con cui Bernini era in contatto.
Gli studi kircheriani sembrano rappresentare molto di più che una fonte iconografica per il piccolo drago all’interno della Fontana dei Fiumi: non va, infatti, dimenticato il grande lavoro del gesuita sui geroglifici egizi (l’obelisco ha iscrizioni di questo tipo), nonché la fitta corrispondenza tenuta con i confratelli missionari negli altri continenti (la fontana ha come tema i quattro continenti). (http://www.arte.it)

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