Andrea Palladio, loggia del Capitanio
1565, piazza dei Signori - Vicenza
 Manierismo  Cinquecento 

 

Paragonando le arcate gotiche di Palazzo Ducale a Venezia con le logge della Basilica palladiana, ispirate al linguaggio classico della Roma antica (e ancor più i palazzi cinquecenteschi di Vicenza con quelli sul Canal Grande) appare chiara la volontà dei vicentini di rimarcare un’autonomia culturale dai modelli architettonici della Serenissima. Tuttavia vent’anni più tardi, quando sulla stessa piazza il Consiglio cittadino commissionerà il rifacimento della residenza ufficiale del Capitanio veneziano, responsabile militare della città per conto della Repubblica veneta, è ancora Palladio il protagonista dell’impresa, e la sfida semmai è fra due architetture straordinarie, che sorgono una di fronte all’altra. È un caso assai raro che un architetto abbia la possibilità di intervenire due volte nello stesso luogo a distanza di vent’anni. Il giovane architetto della Basilica, ancora sottoposto alla tutela di Giovanni da Porlezza, è ormai diventato il celebrato autore di edifici importanti: chiese, palazzi e ville per l’élite dominante del Veneto. Palladio sceglie di non far colloquiare i due edifici: al purismo del doppio ordine di arcate della Basilica (in pietra bianca e priva di decorazione se non nel disegno degli elementi architettonici come fregio, chiavi d’arco e statue) fanno fronte le colossali semicolonne composite della Loggia che arginano una ricchissima decorazione a stucco. Sia l’uso dell’ordine gigante sia la ricchezza decorativa sono tratti peculiari del linguaggio palladiano del suo ultimo decennio di vita, mentre il contrasto cromatico fra il bianco della pietra e il rosso del mattone (che pure Palladio ricerca nel Convento della Carità di Venezia) è frutto solamente del degrado delle superfici originarie: sono ancora ben visibili, appena sotto i grandi capitelli compositi, ampi residui dell’intonaco chiaro che rivestiva i mattoni. Inutile affrontare lo sterile e secolare dibattito sull’ipotetico prolungamento della loggia sino a cinque (o sette?) arcate. Piuttosto, decisamente sorprendente appare la libertà compositiva di Palladio, che progetta in modo radicalmente diverso la facciata sulla piazza e quella su contra’ del Monte, in qualche modo rompendo l’unitarietà logica dell’edificio. A ben guardare, tuttavia, Palladio si limita, da par suo, a dare la risposta adeguata a due situazioni differenti: l’ampia visuale frontale dalla piazza impone (anche considerando i vincoli dimensionali dello stretto prospetto) lo slancio potente della dimensione verticale delle colonne giganti; le ridotte dimensioni sia del fianco dell’edificio sia di contra’ del Monte obbligano a un ordine più misurato. Del resto, la facciata su contra’ del Monte sarà utilizzata come una sorta di perenne apparato trionfale a ricordo della vittoria ottenuta dalle armate veneziane contro i turchi a Lepanto nell’ottobre 1571. (http://www.cisapalladio.org/veneto/scheda.php?sezione=4&architettura=53&lingua=i)

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